Working Title Film Festival non è un festival genericamente dedicato al lavoro: vuole riportare attraverso il linguaggio audiovisivo uno sguardo contemporaneo sulle nuove forme e condizioni di lavoro, mettendo in luce non solo gli aspetti negativi, legati alla precarietà, alla frammentazione e alla diminuzione di tutele e diritti, ma anche le possibilità creative. Questo è stato uno dei presupposti a monte della selezione dei film.
L’altro presupposto era quello di donare al pubblico film inediti, non adeguatamente distribuiti, ma di alta qualità estetica, poetica e politica (qui l’elenco dei film con una breve sinossi per ciascuno).
La legge del mercato di Stéphane Brizé, reduce dai successi dello scorso Festival di Cannes, è l’unico film della programmazione di WTFF ad aver già avuto una distribuzione (anche se di pochi giorni) in altre sale cinematografiche vicentine. Rientra nel programma del Cineforum del Cinema Primavera, ma ho deciso di includerlo anche nel nostro programma perché rappresenta con uno stile asciutto e impeccabile dinamiche purtroppo ormai consuete del mondo del lavoro contemporaneo. Il film infatti descrive, senza esasperarla, la drammaticità di perdere il lavoro a 50 anni – come succede al protagonista – e a 50 anni doversi reinventare per trovarne un altro ed essere poi disposti anche a venire a patti con la propria coscienza pur di mantenerlo.
Anche le donne romene protagoniste di Colpa di Comunismo di Elisabetta Sgarbi sono alla ricerca di un’occupazione che consenta loro di rimanere in Italia, ma sono comunque disposte a cambiare città e mansioni. Il film, che ibrida documentario e finzione, fa entrare lo spettatore in punta di piedi nella vita di queste donne, mostrando anche la loro vita fatta di relazioni, solidarietà, spiritualità, andando oltre l’etichetta di “badanti”.
SmoKings di Michele Fornasero invece è il ritratto di due imprenditori sui generis, i fratelli Messina, proprietari di una piccola azienda che produce sigarette alle porte di Torino sfidando le multinazionali del settore e forse a causa di ciò subendo anche conseguenze legali gravi.
Il gesto delle mani di Francesco Clerici, Atelier Colla di Pietro de Tilla, Guglielmo Trupia e Elvio Manuzzi e UPM- Unità di produzione musicale di Pietro de Tilla, Elvio Manuzzi e Tommaso Perfetti mostrano il lavoro artistico nel suo farsi. Il gesto della mani è un film d’osservazione di grande impatto visivo, sui processi di creazione delle sculture in bronzo dell’artista Velasco Vitali nella storica Fonderia Artistica Battaglia a Milano. Anche in Atelier Colla la camera osserva e segue da vicino la realizzazione di uno spettacolo teatrale di marionette, mostrando il dietro le quinte di una delle più celebri compagnie italiane, i cui membri sono al tempo stesso coloro che costruiscono le marionette e coloro che le mettono in scena, superando la dicotomia artigiano-artista. UPM è una performance-esperimento in cui sono stati coinvolti 72 musicisti, che per un giorno hanno vestito letteralmente i panni da operai e in uno spazio industriale hanno dovuto lavorare alle loro composizioni musicali rispettando regole e turni. Il film vuole provocatoriamente rendere evidente che quello del musicista è un lavoro vero e proprio, fatto di regole, disciplina e sacrifici, e al tempo stesso indagare le dinamiche sociali che si vengono a creare tra persone non abituate a lavorare in gruppi così ampi.
Al confine fra creatività e lavoro alienante della fabbrica si situa La neve nera – Luigi Di Ruscio ad Oslo, un italiano all’inferno di Paolo Marzoni e Angelo Ferracuti, documentario che ricostruisce la vita del poeta marchigiano Luigi Di Ruscio, emigrato negli anni Cinquanta in Norvegia per lavorare in fabbrica. Lì si è costruito una vita e una famiglia, ma ha sempre continuato a scrivere poesie nella sua lingua madre, riuscendo a coniugare due lavori in apparenza in antitesi, quello di operaio e quello di poeta.
Anche L’acqua calda e l’acqua fredda di Marina Resta e Giulio Todescan è un documentario che racconta storie di emigrazione per il lavoro. I protagonisti sono due gruppi di operai: quelli dell’Acciaieria Valbruna di Vicenza originari di Giovinazzo (Bari), paese dove fino agli anni Ottanta erano attive le Acciaierie e Ferriere Pugliesi, e gli ex operai di quest’ultimo stabilimento siderurgico. Attraverso le loro testimonianze il film cerca di riallacciare quei fili invisibili che legano le due città e le due generazioni di operai, attraverso un montaggio che interseca in continuazione i piani di Nord e Sud, presente e passato. Emergono temi senza tempo: le difficoltà dell’integrazione in una realtà diversa e lontana e il valore dicotomico del lavoro, occasione di benessere economico ed emancipazione sociale di un’intera comunità, ma anche portatore di sfruttamento e di rischi per la salute e per l’ambiente.
Il rapporto diretto tra presente e passato industriale e le sue contraddizioni sono centrali anche in due film molto diversi esteticamente fra loro, ma entrambi espressivamente intensi, e che non a caso sono accostati nel programma. El Mostro – La coraggiosa storia di Gabriele Bortolozzo di Lucio Schiavon e Salvatore Restivo è un cortometraggio che racconta attraverso il linguaggio poetico dell’animazione la storia di Gabriele Bortolozzo, ex operaio del Petrolchimico di Marghera, il primo a denunciare i danni all’ambiente e alla salute da esso provocati.
Alex Gerbaulet, regista di Schicht, parte dalla sua dolorosa esperienza personale della perdita della madre per riflettere sul destino del suo paese d’origine, Salzgitter, un tempo importante polo minerario e industriale della Bassa Sassonia, in Germania, e oggi destinato a scomparire in quanto comunità e a diventare letteralmente la più grande discarica tedesca di rifiuti tossici. La parola Schicht ha due importanti connotazioni semantiche: strato, come gli strati del sottosuolo un tempo miniere, destinati ad accogliere i rifiuti tossici, ma anche come la stratificazione storica della memoria collettiva e familiare della regista; turno, come i turni di fabbrica che regolavano la vita del padre e della maggior parte dei suoi concittadini.
Di scomode eredità parla anche Il successore di Mattia Epifani, il cui protagonista Vito Alfieri Fontana è un ingegnere pugliese che per anni ha progettato mine antiuomo nell’azienda di famiglia. Fino al momento in cui, durante la guerra nella ex Jugoslavia negli anni Novanta, ha avuto l’epifania che l’ha portato a rinnegare quel lavoro che pure svolgeva con dedizione e passione, e cambiare completamente vita.
Il lavoro così necessario alla vita, sia nel sostentamento economico che nella realizzazione dei propri sogni e nell’emancipazione, è stato in passato e continua ad essere purtroppo causa di morte.
Due film di Costanza Quatriglio, Triangle e Con il fiato sospeso, esplorano con registri e stili diversi questo insuperabile dualismo del lavoro, partendo da dolorosi fatti di cronaca.
In Triangle la regista mette in parallelo l’incendio che nel 1911 ha distrutto la fabbrica tessile Triangle di New York e il crollo di una palazzina che ospitava un piccolo laboratorio tessile, a Barletta, esattamente 100 anni dopo, nel 2011. Vittime di entrambi gli incidenti: donne, lavoratrici. Accostando immagini d’archivio e la testimonianza dell’unica superstite al crollo di Barletta, il documentario rende esplicita la triste analogia e il senso di essere tornati indietro nel tempo relativamente a diritti e tutele.
Con il fiato sospeso è invece un film di finzione che si serve dello stile documentaristico dell’inchiesta per raccontare, trasfigurandola nel personaggio di Stella, la storia vera, ispirata dal memoriale di Emanuele Patanè, dei ricercatori dell’Università di Catania morti a causa delle insalubri condizioni dei laboratori di chimica.
WTFF è un festival cinematografico che però vuole esplorare anche nuovi linguaggi, dalla serie web all’audiodocumentario.
Il festival dedicherà una maratona da binge watching a Klondike, web series indipendente del gruppo di autori La Buoncostume, che con leggerezza e ironia racconta le tragicomiche vicissitudini quotidiane di due amici trentenni, freelance della comunicazione, rappresentanti loro malgrado di un “popolo della Partita IVA” contemporaneo ben lontano dai fasti degli anni Ottanta e Novanta.
Nell’audiodocumentario I ritornanti Jonathan Zenti indaga con un tono di amara ironia la condizione comune a molti trentenni di oggi che emigrano in altri Paesi in cerca di una situazione lavorativa più soddisfacente. Zenti, che interagirà con una performance dal vivo allo spazio Exworks, parte dalle esperienze dei sui stessi amici per sviluppare una riflessione universale e rappresentativa di un’intera generazione.
Marina Resta
direttrice artistica Working Title Film Festival